Nella risoluzione di problemi l’approccio strategico assume una posizione “eretica” (etimologicamente parlando, come possibilità di scelta) rispetto alle prospettive classiche della psicoterapia e i relativi modelli di intervento.
PRIMA ERESIA: “Tutto ciò che è assoluto appartiene alla patologia” F. Nietsche
Differentemente dall’approccio classico questa prima differenza “strategica” si lega alla percezione costruttivista della realtà in cui non vi sono dimensioni, rispecchiamenti e connotazioni teoriche univoche e assolute che definiscono una realtà classificandola e ingabbiandone la metodologia di intervento.
Nell’approccio strategico si ristruttura la rigida percezione che la persona riporta di un dato accadimento, modificandone la relazione rispetto a sé, gli altri ed il mondo. L’obiettivo risulta prettamente concreto nel funzionamento dell’individuo piuttosto che rivolto a idee generali e assoluti di normalità.
A livello operativo si cavalca la logica circolare (vs lineare, di causalità) come modalità per intervenire e apportare il cambiamento necessario alla risoluzione del problema senza anteporre modelli di funzionamento preconfezionati, di classificazione e diagnostica rispetto a costrutti come, ad es., “normalità”, “sanità” ecc.
Si utilizza quindi un approccio teorico “aperto” rispetto a uno chiuso assumendo posizioni e logiche di “probabilità” rispetto a “verità scientifica” (cfr. L’arte del cambiamento, G. Nardone e P. Watzlawick, pp. 31-33)
SECONDA ERESIA: “Se vuoi cambiare, impara ad agire” H von Foerster
Nell’approccio strategico l’intervento si basa sulla comprensione delle tentate soluzioni divenute disfunzionali* che alimentano il problema invece che risolverlo; questo nell’ottica di intervenire su COME il problema si mantiene anziché concentrarsi sul perché si è innescato.
Nell’attuale cultura si è molto spinti alla ricerca della causalità prima (perché) illudendosi di “intervenire sulla causa per cambiarne l’effetto”, ma ciò che non si considera è una questione fondamentale: le criticità nel tempo si modificano così, una volta scoperta la causa “madre”, è logicamente erroneo pensare di poter risolvere un problema che nel tempo è inevitabilmente cambiato (“l’unica costante nella vita è il cambiamento” Buddha) e le cui cause si collocano, ormai, nell’immodificabile passato.
L’intervento strategico si focalizza sul COME si mantiene un problema, COSA lo alimenta. Lo scopo è quindi quello di costruire realtà, attraverso l’utilizzo di strategie risolutive, in cui l’assumere una prospettiva differente permetta un comportamento altro (e solo poi una cognizione) per poter modificare il copione disfunzionale e debellare la patologia.
* Tentata Soluzione disfunzionale (TS): ovvero ciò che la persona, o chi le è vicino, attua con le migliori intenzioni per cercare di risolvere il problema ma che in seguito irrigidimento finisce con l’alimentare il problema anziché risolverlo; così, ciò che aveva funzionato in passato, ora complica la situazione.
TERZA ERESIA: “Adattare la cura al paziente, e non il paziente alla cura” (cit L’arte del cambiamento, G. Nardone e P. Watzlawick, p. 42)
Scopo del terapeuta strategico è quello non solo di guidare il paziente nella risoluzione di un problema (cambiamento di primo ordine), ma di modificare la percezione-reazione che la persona ha rispetto a un evento vissuto come critico (cambiamento di secondo ordine).
Nel far questo il terapeuta strategico e il paziente sono quindi coinvolti in un “gioco di scacchi” la cui conclusione, tuttavia, può portare o alla vittoria o alla sconfitta per entrambi e quindi non solo per il paziente.
Così il professionista utilizzerà in maniera più appropriata e il più elastica possibile l’ampio repertorio di tecniche e strategie per guidare il paziente nella RAPIDA risoluzione del problema assumendosi la responsabilità di influenzare direttamente la prospettiva del paziente come timoniere nel percorso di cambiamento.
Nel far ciò il terapeuta deve poter assumere differenti prospettive e adottare notevole elasticità mentale verificando l’operato attraverso l’innescarsi degli indicatori di cambiamento che devono apparire rapidamente.
QUARTA ERESIA: “Nulla è nella mente che prima non sia stato nei sensi” S. Tommaso
Assumendo come ragionevole la logica lineare (logica ordinaria) comprendere le cause scatenanti di un problema permette di capire come fare per reagire al meglio e uscire dalla patologia.
Tuttavia questo ragionamento non considera la resistenza al cambiamento che ogni essere vivente ha per proteggere la propria omeostasi dal momento in cui si prova a modificarne l’equilibrio.
Il trattamento strategico (logica non ordinaria) interviene con protocolli di intervento, strategie e tecniche ad hoc attraverso atti comunicativi, prescrizioni di comportamenti (diretti o indiretti), suggestioni e ristrutturazioni percepiti dal paziente come eventi casuali** che realizzano esperienze emozionali correttive*** che sfaldano la rigidità del problema aggirando la resistenza.
È dunque in seguito che avviene l’apprendimento più “cognitivo” in cui la persona, dopo aver esperito, comprende.
**eventi casuali pianificati: ovvero l’insieme di accadimenti percepiti come casuali dal paziente, ma accuratamente predisposti dal terapeuta durante la seduta (attraverso il dialogo strategico) o tra una seduta e l’altra (prescrizione di comportamento) per ottenere gli effetti desiderati. *** esperienza emozionale correttiva: (Alexander 1946 ripresa poi da Watzlawick e Nardone) ovvero una concreta esperienza di cambiamento percettivo-emotivo che sovverte, correggendo, l’influenza della condizione precedente.